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“ITALIA E GERMANIA: A COSA SERVE L’EUROPA”

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L’incontro “Italia e Germania: a cosa serve l’Europa” tenutosi alla sede dell’ISPI di via Clerici 5, si è aperto con l’intervento di Sergio Romano sul ruolo della Germania nella crisi europea. L’editorialista del Corriere della Sera ha individuato il successo economico della Germania nelle riforme strutturali intraprese dal governo Schroeder. Sebbene tali misure politiche abbiano avuto un forte impatto sociale nel breve periodo, tale da provocare la divisione del partito socialista (SPD) con la successiva formazione di un’ ala più radicale a sinistra (Die Linke), questo ha permesso alla Germania di sfruttare al meglio le occasioni di crescita e sviluppo offerte dall’Unione Europea.

Al contrario, il fatto che l’Italia, come anche gli altri membri dell’Europa del Sud non abbia colto questa opportunità in passato, ha irrigidito notevolmente l’atteggiamento della Germania in tema di austerità, oltre che sul tempo delle riforme. D’altro canto però, la Germania al fine di attuare le coraggiose riforme promosse da Schroeder ha infranto i parametri di Maastricht, senza incontrare alcuna opposizione, dato il benestare della presidenza italiana e della Francia. Tale atteggiamento benevolo non è stato accordato alla Grecia. Soprattutto in luce del dato innegabile che sono proprio le banche tedesche le prime ad essere esposte al debito greco. Questa eccessiva rigidità potrebbe dunque venire interpretata come “arroganza pedagogica” dai paesi membri del sud del Mediterraneo. Per questo motivo il patto di bilancio promosso dalla Germania potrebbe apparire privo di coerenza, data la totale assenza di responsabilità collettiva degli Stati membri.

Giuseppe Vita, Presidente dell’UniCredit, ha condiviso il giudizio di Sergio Romano; visto che le banche tedesche erano quelle maggiormente esposte in Grecia, il piano di salvataggio approvato dalla trojka europea ha avvantaggiato maggiormente proprio la Germania stessa. Per opposto, invece, l’Italia è stata la prima contributrice al netto per il risanamento finanziario, in quanto le banche italiane non erano quasi per nulla esposte al debito greco. Analizzando il problema sotto questo punto di vista, risulta quindi evidente la necessità di una maggiore solidarietà da ambo le parti: dalla Germania per abbassare i tassi di interesse del debito pubblico italiano, al fine di permettere gli investimenti necessari alla ripresa; da parte dell’Italia per attuare le riforme strutturali mantenendo il rigore nei conti pubblici, entrambi ingredienti indispensabili per il rilancio economico. In questo senso il giudizio di Giuseppe Vita è stato molto positivo nei confronti dell’azione di Mario Monti, indirizzata a ridare all’Italia la credibilità e il peso internazionali perduti.

Un tema spinoso è inoltre rappresentato dalla sentenza in corso presso la Corte Costituzionale Federale tedesca di Karlsruhe sulla legittimità della politiche della Banca Centrale Europea. A parere di Sergio Romano, questa sentenza rappresenta una grave minaccia all’autorità della BCE. Anche se la Corte è stata chiamata a svolgere un compito che rientra tra le sue mansioni, avrebbe potuto rimandare la questione direttamente alla Corte Costituzionale Europea, visto che in un certo senso la BCE non è sottoposta alla sua giurisdizione.

Al contrario, Giuseppe Vita ha riconosciuto la legittimità della Corte Costituzionale Federale Tedesca di Karlsruhe a esprimersi in giudizio sulla regolarità giuridica delle politiche della BCE, in quanto costretta a rispondere alla richiesta inoltrata dai cittadini tedeschi. Giuseppe Vita tiene però a sottolineare che, qualunque sia il verdetto, questo non avrà alcun tipo di ripercussioni sull’autonomia della BCE.

Durante la sua carriera diplomatica, Sergio Romano ha potuto constatare che le doti tipiche dei tedeschi sono la pianificazione accurata, che vede il suo limite nell’incapacità di qualsiasi tipo di flessibilità e la tenacia, come volontà incrollabile che li spinge a perseverare nei loro obiettivi fino al conseguimento del successo. In questo senso Sergio Romano ritiene che se da un lato la Germania della Merkel non è intenzionata a concedere troppo in termini di inflazione e rilancio per la crescita, è però certo il suo fermo impegno a favore dell’Europa. Tanto più ora che i dati recenti sulla Germania cominciano a riflettere la crisi dell’Eurozona. Se infatti da un lato gli sforzi per incentivare l’export sono stati significativi, non altrettanto può essere detto per il sostegno a politiche di crescita e sviluppo interno, cioè indirizzato a un mercato ormai maturo e tendente all’invecchiamento. In questo senso l’Unione Europea rappresenta l’unica ancora di stabilità per la Germania.

L’intervento di Giuseppe Vita si è aperto con la considerazione amara di come una vera e propria Unione Europea non esista ancora. In tutti i vertici internazionali in cui l’Europa è stata chiamata a confrontarsi con i grandi paesi in via di sviluppo, l’Unione Europea non ha mai assunto posizioni di primo piano. A emergere come interlocutori sono sempre le grandi potenze europee, prime tra tutte la Germania, portatrice dei suoi specifici interessi nazionali.

Giuseppe Vita ha individuato nella riluttanza della Germania ad assumersi la responsabilità del ruolo di guida, che di fatto sta già ricoprendo, la difficoltà dell’Unione a uscire dalla crisi. Solo quando l’UE riuscirà ad esprimersi nel mondo con una voce sola, potrà dirsi avvenuta la formazione di un unico attore coeso e stabile capace di far fronte alle sfide internazionali. In questo senso la capacità di pianificazione e previsione del futuro tedesche dovrebbero fondersi con la maggior propensione alla flessibilità e all’improvvisazione italiana, per formare un connubio vincente. La priorità maggiore è rappresentata dalla necessità di fronteggiare la guerra tra valute, in cui il Dollaro e lo Yen si stanno scontrando contro l’Euro senza esclusione di colpi.

La posizione di Giuseppe Vita nei confronti del governo Merkel si configura ambivalente; infatti da un lato vi è apprezzamento per il rigore e la fermezza nelle richieste di riforme strutturali, in quanto solo tramite la loro implementazione la Germania è riuscita a raggiungere il successo economico che la contraddistingue. Dall’altro però una maggiore integrazione politica è ormai una questione inderogabile. Seppure la Germania si trovi in una fase delicata dovuta all’imminenza delle elezioni, risulta necessario superare gli indugi dovuti a visioni ristrette su base nazionale.

In questo senso, Sergio Romano ha ricordato il ruolo del Parlamento Europeo come cuore della coesione europea. D’altronde però la sua crescente importanza nel processo istituzionale europeo si oppone ad una pressoché nulla copertura mediatica. Se l’atteggiamento dei media europei non cambia, si corre il rischio che alle prossime elezioni parlamentari europee salgano al potere un numero ancora maggiore di partiti anti- UE. Un segnale significativo di impegno da parte della Germania per quanto riguarda l’integrazione politica sarebbe rappresentato dall’introduzione dei così detti “Eurobond”. In questo modo, i paesi membri del sud non sarebbero più penalizzati nell’export da una moneta eccessivamente forte. I due relatori sono unanimi nel ritenere che politiche inflazionistiche rappresentino rimedi di breve periodo. Fermo infatti resta in ogni caso l’appello alle riforme verso l’innovazione e la competitività, considerate come uniche strategie di crescita sostenibile nel lungo periodo.

Per congedarsi, Giuseppe Vita decide di affidarsi alle parole di Albert Einstein sulla crisi del 1921:

“Non pretendiamo che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi può essere una grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi.
La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. E’ nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere superato. Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e disagi, inibisce il proprio talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi è l’incompetenza. Il più grande inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie di uscita ai propri problemi. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non c’è merito. E’ nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze. Parlare di crisi significa incrementarla, e tacere nella crisi è esaltare il conformismo. Invece, lavoriamo duro. Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla.”

 

 


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